Oggetto: Obbligo iscrizione all’Albo dei Chimici dipendenti pubblici e onere pagamento tassa iscrizione.

 

Parere del Consiglio Nazionale dei Chimici. Diversi iscritti hanno chiesto chiarimenti circa l’obbligo di iscrizione all’Albo nel caso di pubblici dipendenti e, conseguentemente, su chi debba cadere l’onere del pagamento (Tassa di iscrizione e contributo al Consiglio Nazionale). Per una esauriente risposta è necessario considerare diverse circostanze che concorrono a definire i contorni della questione. La prima circostanza riguarda il momento dell’assunzione del dipendente della P.A. ed in particolare se in tale momento è stata richiesta l’iscrizione all’Ordine. In questo caso l’iscrizione è elemento irrinunciabile in quanto requisito su cui si basa il rapporto di lavoro (Cfr in tal senso parere del Ministero della Salute che si allega). Tale punto è già stato ampiamente trattato nel parere di questo Consiglio prot. 616/14/cnc/fta dell’11 dicembre 2014, al quale ci si riporta integralmente. Ciò premesso appare opportuno specificare se sia attuale o meno la previsione di cui all’ art. 7 del Regio Decreto 1 marzo 1928, n. 842, “Regolamento per l’esercizio della professione di chimico” “Gli impiegati dello Stato e delle altre amministrazioni, ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, sia vietato l’esercizio della libera professione, non possono essere iscritti nell’albo; ma, in quanto sia consentito, a norma degli ordinamenti medesimi, il conferimento di speciali incarichi, questi potranno loro essere dati, pure non essendo essi iscritti nell’albo. I suddetti impiegati, nei casi in cui sia ammessa la loro iscrizione nell’albo, sono soggetti alla disciplina del comitato soltanto per ciò che riguarda il libero esercizio. In nessun caso la iscrizione nell’albo può costituire titolo per quanto concerne la loro carriera. “ Occorre rilevare preliminarmente che la norma in esame è anteriore alla Costituzione e pertanto appare ragionevole porsi il quesito se tale divieto sia o meno compatibile con l’assetto Costituzionale vigente. Ma, come è ovvio, tale funzione è di esclusiva competenza della Corte Costituzionale ove a ciò attivata nelle forme di rito.

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Tuttavia, il diritto positivo è intervenuto ad innovare la fattispecie oggetto dell’art. 7 del R.D: 842/1928: da ultimo il Decreto Legge 138/2011 convertito in legge n. 148/2011, ed il conseguente DPR n. 137/2012, n 2012, nel disporre che l’accesso alla professione è libero e che sono vietate le limitazioni non fondate sui motivi espressamente indicati nelle medesime norme, hanno rimosso anche il divieto di iscrizione all’Albo dei chimici contenuto nell’art. 7 del R.D. 1 marzo 1928, n. 842. Pertanto non vi può essere dubbio alcuno che è consentita, e quindi non può essere vietata, l’iscrizione al suddetto Albo dei chimici pubblici dipendenti che siano in possesso dei requisiti previsti per legge dalle disposizioni vigenti in materia. I pubblici dipendenti iscritti all’Albo, potranno senz’altro svolgere l’attività professionale nell’interesse dell’ente di appartenenza, ma sarà l’ente datore di lavoro a stabilire se potranno esercitare anche la libera professione, alla luce della normativa applicabile allo specifico rapporto di lavoro. La Suprema Corte a SS.UU – Sentenza 23 marzo 2012, n. 11545 con la quale ha risolto un contrasto giurisprudenziale in merito al reato di esercizio abusivo della professione, fornendo una estensiva interpretazione all’articolo 348 del codice di penale, specificando il principio di diritto secondo cui è configurabile la fattispecie penale in oggetto, non solo per il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva ad una determinata professione, ma anche per il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una certa professione. E’ superfluo precisare che gli atti professionali di cui trattasi sono esclusivamente quelli aventi rilevanza esterna. Va quindi affrontato il nodo della rilevanza esterna dell’atto da parte di pubblici dipendenti e le possibili casistiche: a) l’atto professionale è firmato da un Chimico e tale atto viene trasmesso all’esterno, accompagnato o no da altra firma: Un atto professionale è tale quando è svolto in condizione di “libertà” la definizione normativa di “liberta professionale” e, di conseguenza di “libero professionista”, è novellata, tra gli altri, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 30: “Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n.131”. Il suddetto D. Lgs al Capo II – Principi fondamentali – reinterpreta alla luce dell’evoluzione della società cosa si debba intendere per libertà professionale e quindi come debba qualificarsi il libero professionista. L’art. 2 recita infatti: “Nell’esercizio dell’attività professionale è vietata qualsiasi discriminazione, che sia motivata .. . . da ogni altra condizione personale o sociale, secondo quanto stabilito dalla disciplina statale e comunitaria in materia di occupazione e condizioni di lavoro “. L’art. 3 specifica: “L’esercizio dell’attività professionale in forma di lavoro dipendente si svolge secondo specifiche disposizioni normative che assicurino l’autonomia del professionista”. Spetta agli Ordini territoriali verificare che sia rispettata la libertà professionale. La violazione di tale libertà può avvenire anche solo facendo intendere che l’atto è compiuto da altra persona, in tal caso, chi fa apparire volutamente una sua partecipazione all’atto, partecipazione che certamente non è la mera trasmissione dell’atto, potrebbe ben incorrere nella violazione dell’articolo 479 codice penale, che punisce “il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”. E’ bene quindi che l’Ordine territoriale a tutela della collettività, che ha diritto a conoscere chi è il professionista responsabile – avendone titolo – dell’atto professionale, inviti la P.A. a separare chiaramente l’atto professionale che fa fede all’esterno dalla trasmissione dello stesso, il cui significato altro non è che l’attestazione che l’atto è stato compiuto all’interno della struttura pubblica. Ove tale indicazione non venisse accolta, esisterebbero fondati motivi per segnalare gli atti all’ Autorità Giudiziaria. b) altro caso è quando l’atto non è stato materialmente compiuto da chi lo firma e che ha titolo per firmare, In questo caso il Chimico che firma si avvale di soggetti qualificati che operano sotto la diretta responsabilità di chi firma, che ne assume ogni onere civile e penale verso l’esterno. In tal caso il personale sottoposto non producendo atti verso l’esterno non necessità del titolo di Chimico C) l’ultimo caso è quando l’atto non è stato materialmente compiuto da chi lo firma, e quest’ultimo non possiede il titolo per firmare. In questo caso chi firma non può trincerarsi dietro la facoltà di avvalimento di soggetti qualificati, non avendo titolo per assumere alcuna diretta responsabilità dell’atto professionale. In tal caso non si possono nutrire dubbi sulla circostanza che sussistono plurime violazione di norme penali, in quanto la posizione di chi firma senza la prescritta abilitazione ed iscrizione all’ Albo, configura con certezza la violazione di legge (esercizio abusivo della professione di Chimico). Ma, ove in aggiunta all’esercizio abusivo della professione, la presunta attività che vuole farsi apparire con la sottoscrizione, fa sì che il soggetto ottenga vantaggi economici o di carriera, potrebbe incorrere nella violazione dell’art. 323 del Codice penale, oltre al richiamato reato di cui all’art 479 CP. Questo Consiglio Nazionale ritiene doveroso richiamare l’attenzione di Presidenti e Consiglieri degli Ordini territoriali sul fatto che, stante la natura di Pubbliche Amministrazioni degli Ordini Professionali, nella delineata ipotesi di cui alla lettera c), essi soggiacciono all’obbligo si denunciare senza indugio i fatti (e gli atti) alla Autorità Giudiziaria, onde di evitare di incorrere, essi stessi, nei rigori di cui all’art. 361 del Codice penale 1 Quale conseguente corollario di quanto sopra esposto si deve concludere che, ove esista obbligo di iscrizione nell’Albo professionale, derivante dalla circostanza che l’atto che il Chimico compie ha autonoma rilevanza esterna e che lo stesso compie gli atti professionali nell’esclusivo interesse della P.A, detta iscrizione all’Ordine (che ha peraltro lo scopo di garantire la formazione professionale, formazione che deve garantire il rispetto dell’ art.97 della Costituzione) ad avviso di questo Consiglio è un onere della P.A., come sancito dalla Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, sent. n. 7776/2015. Viene peraltro riferito, che in alcune Pubbliche Amministrazioni, facendo anche riferimento ad un parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF-RGS-prot:79309 del 19.10.2015), il Dirigente responsabile oppone netto rifiuto al pagamento/rimborso delle tasse e contributi di iscrizione all’Albo, asserendo che gli esiti di sentenza si applichino esclusivamente ai ricorrenti. 1 Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’Autorità giudiziaria, o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro. La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria [c.p.p. 57], che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto [c.p.p. 330-332, 347]. Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.

In tali circostanze non è inopportuno richiamare detti Pubblici funzionari alla primaria responsabilità di adottare una condotta, nella gestione del Bilancio dell’Amministrazione, che non costituisca danno o maggior danno per l’Amministrazione. In altri termini la resistenza opposta all’attuazione di orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati espone l’Amministrazione stessa a nuovi e successivi ricorsi sulla stessa materia, che sono destinati con certezza quasi matematica a vede soccombente l’Amministrazione, con costi ben maggiori dell’adesione pacifica alla richiesta dei dipendenti aventi titolo. Tale comportamento, pertanto, sarà sottoposto a cura dell’Ordine territoriale alla competente sezione della Corte dei Conti affinché venga rilevato il danno erariale causato dal Dirigente con la sua condotta. Nelle superiori considerazioni è il parere di questo Consiglio
Il Relatore Il Presidente Dott. Chim. Eugenio Cottone Prof. Chim. Armando Zingales

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Demattè Fabrizio

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Consigliere dell'Ordine Trentino Alto Adige dal 2009, referente per la formazione ECM, già referente per il GdL REACH/CLP. https://www.chimicodematte.net/